ALBERICO VERZOLETTO: Le tematiche artistiche

LE NATURE MORTE

Natura morta con fiori, 1980

Verzoletto pone particolare attenzione nei dettagli delle nature morte, in particolare quando dipinge i girasoli. Non li rappresenta rigogliosi nei campi, ma – similmente a Van Gogh – già colti, al principio del loro decadimento. Posti in semplici vasi o sui tavoli, appaiono in tal modo come ammonimenti sulla caducità dell’esistenza, riflessioni su quanto la bellezza sia fragile ed effimera. Lo spettacolo della natura non è destinato a durare nella realtà, ma è fissato per sempre nell’opera. Attraverso la pratica artistica il pittore crea un intrigante dialogo tra sé, il mondo circostante e il prossimo, rappresentato dagli spettatori dell’opera.
I fiori campeggiano sulla tela in una dimensione quasi astratta, portando oggetti riconoscibili nella realtà alle soglie dell’astrazione. La strutturazione dell’immagine è quasi primitivistica, contrasta con la magistrale stesura cromatica conseguendo un esito che rivela tutta la sapienza e la maestria dell’artista.

I CASTAGNI

Il pittore amava profondamente gli alberi e gli infiniti giochi geometrici derivati dalla disposizione dei rami e dei tronchi. Avvertiva il pericolo di una società consumistica sempre più orientata allo sfruttamento del territorio e anelava a una più armoniosa convivenza tra il popolo umano e quello arboreo. 

In particolare era legato ai castagni, con i quali aveva stabilito una vera e propria intesa fisica e mentale. Il castagno ha avuto un ruolo determinante nella storia della sua valle, così come nella sua vicenda personale, tanto da dare origine all’immaginifica mitologia che caratterizza le opere dedicate a questo soggetto. Il castagno diventa così il fulcro simbolico del rapporto tra uomo e albero, con una valenza quasi totemica. La raffigurazione dell’albero viene affrontata più come un ritratto che come un generico elemento del paesaggio, focalizzando l’attenzione sulla peculiare identità di ogni individuo. Non stupisce, dunque, che nella vasta produzione alcuni soggetti arborei si ripetano e diventino facilmente riconoscibili per le proporzioni, il portamento e per alcune caratteristiche fisiche, proprio come si riconoscerebbe un soggetto umano.

Il soggetto spesso è un pretesto per abbandonarsi al piacere, fisico e mentale insieme, di seguire – prima con gli occhi e poi con il pennello – l’intreccio delle linee sulla superficie della tela. Un ceppo, un tronco, un cespuglio, occupano la scena per intero e assumono forme e colori in cui il ruolo naturale è sostituito da quello espressivo emozionale. La pittura ha il potere di trasformare la percezione delle forme, così che l’immagine dipinta supera in importanza il soggetto reale. 

La pittura diventa un mezzo per lasciare scorrere l’immaginazione, fino a rasentare il surrealismo e l’astrattismo, allo scopo di cogliere l’essenza vitale, l’energia primigenia emanata dall’albero. Ogni castagno dipinto diventa un’immagine sacra, al pari di un genius loci, uno spirito naturale e soprannaturale dei luoghi, un antico custode delle colline biellesi. Ad avvallare ciò, i titoli delle opere sono toponomastici: Egro, Cesara, Strona, solo per citarne alcuni. Spingendosi oltre nell’interpretazione della serie dei castagni si può intuire in ogni albero di Verzoletto il manifestarsi dell’Anima Mundi platonica: si tratta di un’interpretazione poetica, addirittura mistica, cara alla moglie del pittore e all’amico Gilardino, secondo la quale il castagno racchiude in sé l’anima di un luogo e l’artista possiede la sensibilità per percepirla e trasmetterla agli spettatori. Il titolo del ciclo “La fiaba dei castagni” rimanda ad antichi riti d’iniziazione e a leggende legate al lato più misterico della natura. 

La produzione di opere dedicate agli alberi è vastissima: prevalgono i dipinti eseguiti in autunno, pervasi da un’energia intensa ottenuta applicando con maestria i contrasti tra caldo e freddo, chiaro e scuro, oltre a quelli di qualità e di simultaneità. La padronanza delle teorie del colore, in queste opere, è portata alle estreme conseguenze. Numericamente inferiori e dalle tavolozze più rarefatte sono le opere primaverili ed estive. La tecnica usata spesso è quella del pastello a olio su tavola – ma si annoverano anche dipinti a olio su tela – perché è quella che più esalta il vigore del gesto e la ricchezza dei colori pastosi e saturi.

Castagno n4, 1996

I PAESAGGI

Paesaggio con nuvole passeggere

Verzoletto si dedica da sempre alla pittura di paesaggio, ma non dipinge tipiche “vedute”, non illustra piacevolmente bei ricordi legati a località familiari, non segue la retorica descrittiva insita nella pittura di paesaggio; piuttosto, trasforma i luoghi secondo un suo modello interiore servendosi di mezzi apparentemente semplici. Carica il colore di energia vitale obbedendo a regole espressive e non descrittive, applicando in modo soggettivo le leggi fisiche legate alla rifrazione della luce e alla proiezione delle ombre. Il pittore ha l’innata capacità di cogliere l’anima dei luoghi, ovunque egli si trovi: si tratta di una percezione poetica che va al di là delle specifiche geografiche e ambientali. Angelo Gilardino definisce Alberico Verzoletto «un paziente distillatore pittorico delle proprie, rapidissime, intuizioni poetiche»5. Sul posto, all’aperto, esegue schizzi: pochi tratti corredati da annotazioni scritte riguardanti l’accostamento dei colori che metterà in opera nei dipinti, in modo da fissare l’intuizione nella memoria. Successivamente, in studio, da uno schizzo ricava anche più di un dipinto. Ogni quadro è il risultato di una serie di stesure di colore basate sul ricordo, ma anche su un’immagine interiore del luogo evocato mentalmente dal pittore. La capacità di invenzione narrativa trasfigura e rianima  luoghi originariamente inanimati, che diventano misteriosi e allusivi, caricandosi anche di parvenze zoomorfe.

La sua arte, pur evidenziando un ininterrotto e intimo dialogo con il suo Piemonte, manifesta un’energia capace di accogliere stimoli da qualunque luogo e in qualunque stagione durante le sporadiche trasferte in Liguria, Toscana, Umbria e Sardegna.

In viaggio egli annota impressioni, esegue disegni e fotografie, raccoglie materiale da rielaborare al ritorno, in studio. Alcuni luoghi si presentano con tutto il loro carico di suggestioni storiche e leggende, di modo che non gli resta che diventarne cassa di risonanza. In altri, dove regna la più piatta e ordinaria realtà, il pittore può evocare flussi di pensieri ed emozioni per arricchirli di metafore e simboli. In Liguria gli alberi diventano presenze sacrali, gli edifici enigmi metafisici. In Toscana si accentua la parvenza antropomorfa delle colline con una tensione immaginifica, che tocca il suo apice nei dipinti crepuscolari e notturni. La Sardegna offre a Verzoletto la possibilità di confrontarsi con il mare, tema che affronta accogliendo la lezione degli Impressionisti: il colore, intriso di luce, diventa protagonista enfatizzando la prospettiva atmosferica. La luce del tramonto anima la terra e l’acqua in un gioioso tripudio di accordi e contrasti cromatici. In Piemonte il suo sguardo torna più bonario e pacato, torna ad accarezzare le rotondità delle colline biellesi in quadri dove la presenza umana è un dato del tutto marginale: «Più che l’uomo, è il posto che mi interessa». A tale proposito sono illuminanti queste sue parole: «È in me molto vivo l’amore per la natura: portato per istinto, quando è possibile, a passeggiare in campagna o in paese con la mente sgombra da preoccupazioni, ai miei occhi si presentano molte visioni che sono per me motivo di profonde emozioni. Uno dei miei problemi, fino a quando non mi sono messo a dipingere, era proprio quello di poter fermare, in qualcosa che restasse, queste sensazioni che la natura mi elargiva. La scoperta della pittura ha risolto per me questo problema: con i colori posso dare sfogo a questo mio desiderio, fermando sulla tela tutto quello che colpisce la mia sensibilità, che fa vibrare il mio sentimento».